L'Autore argomenta metafisicamente come il fenomeno religioso sia riconducibile ad una espressione insieme intellettiva e volitiva della relazione tra «il Principio» e la sua manifestazione, ossia tra la divinità e il mondo. Ogni religione si presenta come un «mito» riferentesi a un certo «archetipo», e pertanto a tutti gli archetipi. Conseguentemente, tutti gli aspetti sono da ritenersi collegati tra loro. Così, Buddhismo e Cristianesimo si ispirano evidentemente allo stesso archetipo, pur non attingendo l'uno dall'altro, a prescindere dalla impossibilità storica di tale ipotesi. L'uomo ha bisogno — in ogni caso — di un Dio umanizzato, cioè di un Dio che in qualche modo gli somigli. Analogamente, lo Yin-Yang taoistico simbolizza il rapporto tra l'Assoluto e il contingente, Dio e il mondo, o Dio e l'uomo: la parte bianca rappresenta Dio, la nera l'uomo; il punto nero nel bianco è («uomo in Dio», il punto bianco nel nero è il «Dio umano»). Poiché — conclude l'Autore — gli archetipi di ordine trascendente sono anche quelli dell'ordine immanente, l'accettazione del messaggio religioso coincide con l'accettazione di ciò che siamo in noi stessi e al di là di noi: credere in Dio vuoi dire ridiventare ciò che realmente siamo.