L’ode alchemica Lux obnubilata, che vien proposta in questa collana con l’aggiunta, per altro, della prima traduzione in italiano del commento anonimo che accompagnò l’edizione veneziana del 1666, è, senza alcun dubbio, una delle migliori espressioni dell’Alchimia quale “magia naturalis”. Si dice questo perché il manierismo baroccheggiante dell’ode considera la storia possibile e totale della “ricreazione” del mondo, determinando, quindi, nel lettore, la precisa consapevolezza delle sue possibilità operative. La forma poetica non è nuova all’Alchimia: basti citare, per tutti, Cecco d’Ascoli, ma la fortuna del Crassellame, nel corso dei tempi, è forse proprio da attribuirsi alla volontà, seppure sempre di “maniera”, di descrivere il mondo macrocosmico quale evidente correlato di quello microcosmico. L’Opus diventa, quindi, precedente conoscenza della legge che conosce Tenebre e Luce e che può, tramite splendide metafore, riprodurre il positivo intendimento della Creazione proponendo alla coscienza il “vissuto” della materia. Il mistero della trasmutazione alchemica comincia così a diventare quell’Aufklaerung che percorre già da prima, ma soprattutto dopo l’epoca di Crassellame, l’Europa, come con geniale dettato ricorda la Yates nella sua opera sui Rosacroce. Se quindi l’ode conserva questi suoi pregi, la traduzione del commento, che si è voluta tenere nella stessa dimensione di “sciatteria” dell’originale latino secentesco, può risultare una scoperta per molti lettori che si son dovuti sino a questo momento limitare alla lettura dell’ode coadiuvati dai “commenti moderni” di Wirth o del Bornia, tanto per citare alcuni esegeti. Il volume, che è stato curato da Stefano Andreani, si avvale di una prefazione storica di Mino Gabriele e di una breve post-fazione del curatore che analizza alcuni rapporti tra Opera Alchemica e “Poesia”.