Grondanti manierismo letterario e, naturalmente, di dubitabile "impressione" poetica per l'egemone critica post-romantica – che ammette, quasi si trattasse di una scienza patologo-letteraria, il manierismo –, i testi del Marchese Palombara, che vedono per la prima volta la luce in questa collana, riassumono ciò che lo scritto alchemico nel suo preziosismo alessandrino, se così si può dire, deve avere.
Anna Maria Partini porta alla luce attraverso gli scritti finora inediti, raccolti nel codice Reginense lat. 1521 della Biblioteca Apostolica Vaticana e negli archivi dei principi Massimo a Roma, la figura del Palombara. Oltre all'analogia che la curatrice mette in rilievo tra le scritte della "porta magica" di Roma e le opere del Marchese, anche la figura del Palombara esce nella sua complessità e nella sua dimensione storica, con l'evidente invito ad ulteriori approfondimenti e discussioni. Si diceva preziosismo alessandrino e, di fatto, nei testi di Palombara si incontrano l'attanagliante e pervicace "crudeltà" dell'enigma, il gioco, assunto a paradigma, della parola, la "fabula" intrecciata, contorta, segmentata, tramite i più disparati tropi retorici. L'opera del Palombara si presenta quindi come una sorta di "summa" di divertimenti alchemici in cui le tracce dell'operatività religiosa, non sono mai appannate dalla mucidità gnomica che appare soltanto come orpello o comodo. Ci si abbandoni quindi, calandosi in esso completamente, al gusto letterario dell'epoca e ci si sbarazzi da ogni poltroneria critica che privilegiando di norma il contenuto, non si rende conto di quanto spesso, come nel caso di Palombara, il vero contenuto sia il contenente. Ci si lasci però cullare dal gusto della forma, si gustino gli apparenti nonsense e le ridondanze: gli echi. Può essere un'operazione ricca d'amore già sufficiente da sola, evidentemente, per un invito alla lettura.