leggi la recensione
A cura di Bruno Cerchio.
"Ricevi dunque in un solo libro quattro specie di cose: composizioni allusive, poetiche, allegoriche; emblemi nel venereo rame incisi e di venerata grazia adorni; verità chimiche secretissime che l'intelligenza tua sonderà; infine musiche delle più rare: fà buon uso di ciò che t'è qui dato". Così Michael Maier, uno dei più significativi "operatori" ermetici dell'epoca rosicruciana, medico, filosofo e musicista presenta la sua "Atalanta Fugiens". E l'accorto lettore si renderà conto, col solo sfogliarlo, di come l'Atalanta si configuri quale testo di "traduzione" alchemica tutto teso a formulare, nella sua ampiezza, e per il suo invito ad una prima decifrazione estetica, un'opera di estremo equilibrio barocco. Questo perché in Maier il gusto ed il brivido spirituale della conoscenza ermetica si sposano felicemente ad una volontà ermeneutica che compara, giustapponendo, varie formule espressive. E saranno l'epigramma, l'incisione, la fuga musicale, i vari possibili gradini d'intendimento della "crisopeia". Gli epigrammi, ma soprattutto i discorsi che chiosandoli li accompagnano, sono tutti "ambientati", secondo la tendenza propria dell'epoca, a collegare il mito all'alchimia e, con essa, spiegarlo svelandolo, Maier disincantato lettore di miti, ne intravede il possibile, per lui certo, velame alchemico e ne propone, aprendo la strada ai futuri Pernety, l'ampia qualità e disponibilità analogica; facendo della mitologia greca una "metafora in divenire" che permetta una decifrazione reciproca alle tappe dell'"opera alchemica". Le incisioni, gli emblemi, opera di Merian, forse il massimo, il più noto senz'altro tra gli incisori alchemici, portano spessore immaginativo, ottico, al "sogno" della comprensione ermetica, operando con un modello iconologico d'indole, più che di data, barocca. Si tratta d'incisioni che, com'è d'uso nell'epoca, offrono una solida fedeltà al dettato dell'epigramma, traducendo obbedientemente in immagini, fotografando per così dire, la velata lettera del testo e non lo spirito intimo, lasciato all'arguzia caritatevolmente intellettiva del lettore. Ma a proporre "L'Atalanta" come mirabile compendio nel panorama alchimistico del tempo, panorama denso della temperie illuministico-utopistica del rosacrucianesimo, è l'apparato musicale che conforta il libro e ne fa un'opera unica e irripetuta. Si tratta di cinquanta fughe genialmente costruite sugli epigrammi, ricche di dottrina e di astuzie musicali, naturalmente coerenti e conseguenti alla descrizione epigrammatica e alle bellurie iconologiche degli emblemi. Bruno Cerchio che ha curato con amorosa inteligenza questa prima versione italiana dell'Atalanta ha anche trascritto con moderna notazione le fughe. Proprio questa insolita parte musicale può diventare approccio stimolante, comunque decisamente nuovo, per una lettura che ricordi come tutta l'espressione musicale possa proporsi come autorizzato ingresso ad una visione del mondo esoterica nel senso più ampio e meno sciatto del termine.