A cura di Anna Maria Partini. Il Toson d'Oro di Salomon Trismosin
è uno dei più celebri trattati della letteratura ermetica, sia per
il prestigio dell'autore, ritenuto come precisa la stampa
dell'Aureum Vellus (Rorschach, 1598), precettore di Paracelso,
sia per le 22 splendide illustrazioni famose nell'iconologia alchemica
per il loro simbolismo e per il loro valore artistico.
L'opera figura negli schedari delle biblioteche europee anche sotto
il titolo La Toyson d'or ou la Fleur des Thresors, pubblicato a Parigi
nel 1612, titolo che differisce da quello dei manoscritti tedeschi in
quanto riprende quello di tutta la raccolta (Aureum Vellus) in cui figura
lo Splendor Solis.
La serie di immagini che accompagna il testo del Trismosin,
spesso adoperate come illustrazioni e frontespizi di testi ermetici, è una
delle più preziose dell'Europa Occidentale.
Si può supporre che all'origine questo trattato, come altri testi alchemici,
fosse composto da sole immagini, che per il loro numero 21+1,
potrebbero essere avvicinate e confrontate con quelle di Abramo
l'ebreo descritte da Flamel e con i 22 arcani maggiori del Libro di Toth (Tarocchi).
Anna Maria Partini, dopo un ampio studio introduttivo che precisa
le caratteristiche alchemiche dell'opera inquadrandola nel suo tempo
e annotandola con ampi riferimenti storico-critici, tenta di chiarire
il motivo per cui il traduttore francese abbia mutato il titolo da
Splendor Solis in La Toyson d'Or ed evidenzia i collegamenti tra
il mito di Giasone e l'Alchimia, penetrando altresì il simbolismo velato
nei colori e negli emblemi dell'Ordine cavalleresco del Toson d'Oro,
estendendo l'indagine a quegli alchimisti (Mennens, Creiling, Fictuld,
Canseliet, ecc.) che hanno posto in risalto il carattere ermetico
dell'Ordine borgognone.
Per quanto riguarda alcune riflessioni sul mito di Giasone, la curatrice
ha seguito, accanto a quella alchemica, anche un'interpretazione
di tipo psicologico.
In Appendice è riportato un piccolo poema con la spiegazione
dell'emblema ermetico del Vitriol, pubblicato per la prima volta
nell'Aureum Vellus (1598).