È stato frequentemente detto, e con ragione, che il male del nostro tempo
deriva dalla scissione tra la fede e la scienza; in modo assai paradossale, gli
inizi di questa scissione si pongono nella stessa fede, o per lo meno nel suo
aspetto estrinseco e soggettivo, nel senso che essa non era - e non è -
sufficientemente sostenuta da commenti di carattere sapienziale, oppure che
ragioni sentimentali prevalevano, nella coscienza della maggioranza, su quelle
metafisiche.
Uno dei grandi errori dei nostri tempi consiste nel parlare di « fallimento »
della religione, o delle religioni; ciò vuol dire imputare alla verità il nostro
rifiuto di ammetterla, e nello stesso tempo negare all'uomo sia la libertà che
l'intelligenza. L'essenziale, in un'età nella quale le forme dello spirito sono
minacciate sia dalla inconsapevolezza degli uomini che da un'ostilità
preconcetta, consiste nel collocare in un'atmosfera sapienziale la verità di cui
l'uomo ha sempre vissuto e di cui dovrebbe continuare a vivere; se vi è una
« scienza esatta » contenente tutto ciò che è, essa risiede anzitutto nella
consapevolezza delle realtà che soggiacciono ai simboli tradizionali e anche alle
virtù fondamentali, che sono lo «splendore del vero».
(dalla prefazione dell'Autore)