Milena misura un tempo breve, poco più di un anno, con la data di un calendario astronomico. Sono i nostri giorni, 1984, 1985, ma indicano immutabili noviluni e pleniluni. La luna, occhio sinistro del cielo, esercita i suoi sinistri influssi. Modesti avvenimenti quotidiani e privati scorrono toccando le corde di una sensibilità alterata e producono risonanze distorte. Le persone che vivono accanto a Milena o la incontrano spingono la donna verso un progressivo ripiegamento, verso il buio della delusione dove sarà più esposta agli assalti della memoria. Tra le voci del mondo reale, mormorio indecifrabile, si stacca quella di padre Luigi. Conforta, partecipa, non nasconde smarrimenti, suggerisce dubbi. Testi sulla luna, di varie culture, invadono lascrittura come relitti malinconici, coro pietoso per una generazione perdente, rassegnata a morire. Anche la protagonista sembra accettare il destino, correndo incontro alla propria morte. Ma la scrittura del romanzo, che aderisce al personaggio mantenendo ritmo e trasparenza autonomi, solidale ed ironica, ambigua sempre, consente al lettore altre e personali interpretazioni.